domenica 22 novembre 2009

...

io non mi arrendo. IO RESISTO!!!

e l'ha detto anche feisbuc.

basta finestre.

meglio nuvole blu.

e così abbiamo preso il polistirolo trovato nell'aula da disegno e abbiamo iniziato a sagomalo. senza nemmeno tracciare una traiettoria da seguire con un lapis. dei pazzi. si. perché il materiale era poco e il tempo pure. quindi abbiamo, come dire, ottimizzato. ed è uscito un bel lavoro...i bambini entusiasti, con gli occhi a cuore stile gattino di shrek. ecco. nel registrare il disco abbiamo usato lo stesso imprinting, soprattutto per la voce. volevamo mantenere una certa genuinità. quello che siamo. ponendo una cura preziosa verso le sonorità e gli ambienti, ma senza destrutturare la voce. computerizzarla. manipolarla. altrimenti non saremmo stati più noi, ma un prodotto fasullo. perché la forma delle nuvole si dissolve e si rigenera ogni giorno, senza il bisogno di un agente esterno artefatto. non credo che gli angeli (o chi per loro) manipolino troppo le nuvole. magari le lasciano ai loro figli, per giocarci, come fanno i bambini con la plastilina. avete presente i bambini quelli piccoli? ecco, quelli...che strizzano il materiale colorato per sentire l'effetto di dissolvenza tra le dita. Giovanni è uno di loro. è un bambino speciale perché si mostra poco, ma quando c'è si sente. si avverte la sua presenza. è un bambino colorato, direi io...di quelli che portano l'arcobaleno dentro. e lo lasciano scivolare sotto la porta, come con le letterine di scuse dopo i litigi tra fratelli. ecco, le lasciano scivolare sotto la porta e riempiono la stanza di parole cromatiche fantastiche.

Giovannino sei un MITO!!!
come back soon...ti s'aspetta a braccia aperte :)

in questo preferiamo le nuvole alle finestre.

la biciletta...

oggi, se dalle vostre parti è un bel giorno.
col sole appeso con un certo stile da qualche Dio distratto.
ecco, oggi, prendete la bicicletta e andate a fare un giro.
che è bellissimo scoprire che l'aria è invernale ma non troppo.
che nonostante tutto questo sole riscalda.
che il mondo, a volte, gira dalla parte giusta.
ecco.
questo è bello.

buona biciclettata a tutti!!!

recording sessions...UICT(x2)

dedichiamo queste giornate colme di tempera blu e pareti da decorare anche alle registrazioni. fare tutto in casa, da soli, senza navigatori e bluetooth emotivi è bellissimo. sembra di lavorare a qualcosa di troppo nostro per essere interferito da un terzo che non avrebbe senso di esistere. e lasciamo la porta socchiusa solo a chi ci conosce già e riesce ad entrare nel nostro mondo con rispetto. incidere una frase ha un senso amplificato quando finisce su un supporto.
perché vuol dire mettersi a nudo e aspettare le sferragliate di chi non avrà pietà per le nostre emozioni. darle in pasto, in qualche modo, a chi non può condividere tutto quello che siamo. e riesce a ragionare solo per stereotipi. ebbene, sarà un piacere rovesciare gli stereotipi e i vestiti che fino ad ora ci hanno voluto cucire addosso, senza percepire quale fosse la vera essenza.
è bello...si...poter stupire e, in qualche modo destabilizzare.
ma siamo incoerente, ve l'avevamo già detto.

grazie a Monia per l'aiuto e i consigli preziosi. grazie a Scilla. grazie a chi, anche nella lontananza fisica, ci continua a stare vicino Yle, Ale, Marti, EuGenio&Love e Diego&Family. grazia a Sonia, Vale, Ginez, Gianna, Giada, Giando, Fabio e la Bige che nel quotidiano aiutano ad evitare un Burnout in perenne escalescion. grazie al Miele&Limone. grazie a Lele, Mirko, Ale e tutti i bambini che ogni giorno aiutano a migliorare il mondo, a loro modo.

dettagli marginali...

ho proposto ai miei bambini di terza elementare di disegnare su un foglio qualcosa di piccolo che stesse loro a cuore. oltre ai soliti, imbarazzanti, nintendo diesse, ho scoperto che molti maschietti hanno ancora a cuore i peluche...

e mi sono commosso.

i peluche sono nervi scoperti di infanzie meravigliose, dedite al sogno e alle coccole. bellissime. tutto quello di cui avrebbero bisogno questi meravigliosi bambini della generazione pleistescion...


allora facciamoci sentire e aiutiamoli a capire che sono i nostri figli la rivoluzione

giovedì 30 luglio 2009

conversazione con A.

e mi rendo conto che non ho ancora dis-imparato a piangere.
smetto e singhiozzo. un bambino di nove anni mi telefona al cellulare.
"maestro che fai?"
"sono tornato da poco a casa"
"ammazza che voce hai, hai il raffreddore?"
"...diciamo di si..."
"maestro ti devi riposare, che poi non sei in forma e non ti vuole nessuno"
- pausa -
"maestro, dimmi una cosa...ma hai trovato la fidanzata?"
"no..ma sono innamorato!"
"maestro devi venire a farti i capelli dalla mia mamma, che poi la trovi di sicuro"
"ok..."
- pausa -
"un ultima cosa, maestro...magari se ti compri anche la camicia della Polo, sai quella col cavallino?"
"si..."
"ecco, con quella la trovi di sicuro."
"non c´ho soldi per comprarla..."
"allora lascia perdere, ma non dire che non ti avevo avvisato!"
"ok, grazie..."
- pausa -
"ah,una cosa..mi raccomando cambia anche la macchina, oppure lava la tua!!!"
"ciao, cacchetta..ti vengo a trovare un giorno di questi."
"si dai! andiamo a prendere un gelato al sottozero!!! ciao maestro, ti voglio bene"
"ciao, buona giornata"

giovedì pomeriggio - Uno che sono due.

raccolgo gli indumenti che ho sparso per la casa. nudo. sudo e sento freddo. le mani mi tremano mentre il respiro diventa via via più pesante, irritato, affannato, scomposto. la cassa toracica sembra lo scheletro di una fabbrica desolata dove si svolge un rave abusivo. si muove. senza una cadenza regolare e resta in bilico, pur di non cadere. le istanze comunali del mio amore hanno messo sigilli alla zona industriale delle paranoie. gli impiegati sono stati trasferiti tutti nella fabbrica di cioccolato del signor Wonka, Willy Wonka.
ho voglia di bermi un bicchiere di vino con le tue mani che mi cingono la vita, mentre passeggiamo per il parco che hanno da poco rimesso in sesto. con un figlio dagli occhi che sembrano perle stralunate gettate verso il cielo. un bimbo che corre e sbraita parole sconnesse, inventate. col pannolone che fa delle gambe, due fuscelli cicciotti troppo distanti per essere naturali. cerco le tue intemperie nei miei cieli disastrati dal nucleare che sono le tue paure, e la mia paura di perderti si dirige obliqua verso le mie labbra. e srotolo parole sconnesse sulla tua schiena.

vorrei disegnarti la mappa del tesoro del mio forziere prezioso con la lingua, sulla tua schiena. che è abbastanza grande per accogliermi. abbastanza forte per sostenermi. troppo piccola per fare da scudo ad entrambi. e ti abbraccio. che nella bufera ti tengo a me. sempre.

non dobbiamo pensarla sempre uguale.
ma quando succede è tutto più facile.

mix micidiale? no grazie.
vita essenziale...

Uno. che poi è la somma di due.
amore immerso nel cloro.

venerdì 19 giugno 2009

bye bye, man beloved by woman

vorrei condividere placente calde e confortanti
con le tue mani stanche per il corpo in tensione per troppo tempo
mi renderei conto che è arrivato il mese caldo
dopo nove mesi di attese
le gioie si attaccherebbero alle dita
con l´allacciamento alla vita
e le pupille incastrate nelle occhiaie scure
per la notte condivisa
per la notte bianca

scoppieremmo a ridere
che ci sentiremmo felici e unici
con un figlio da cullare
da onorare e respirare

scusami, si è aperto un cassetto che non dovevo aprire?
scusami tanto se puoi...ma a volte accade. e dopo averti parlato, avviene frequentemente...
un bacio che si lascia accarezzare dalle tue labbra
un altroo che sfiora il cuore


frammenti in rotonda

ho provato le distanze incolmabili che un silenzio lunare aveva posto a guardia delle nostre confidenze e del nostro viverci. mi spiazzano le scelte telefoniche e trovo triste un metodo di chiusura via sms, che certamente non ci appartiene. abbiamo parlato dopo aver sballato completamente gli orari di lavoro, gli impegni e le relazioni altre da noi. hai la pelle ricoperta di cloro con un abbronzatura assurda mentre mi scrivi. perché non mi chiedi  se sono abitudini che  mi appartengono? sono fermo sul cordolo di una rotonda immensa nella zona industriale di Firenze. dove l´arte lascia spazio a grosse strutture di cemento armato incompiute, con le gru a benedire gli alloggi a vista, come fossero tante caselle delle bacheche di legno della nostra infanzia. dove ci limitavamo a conservare le collezioni più o meno complete delle sorprese dell´ovino kinder. te le ricordi? abbiamo anagrafi diverse ma non per questo pulsazioni meno sincroniche dei coetanei. si intervallano come una giostra antica dei cavalli, le automobili lanciate in corse spericolate verso mete sconosciute e certamente molto affascinanti, data la frettolosità delle andature e la troppa distrazione che rischia di colpire la carrozzerie patinata di polvere della mia carrozza di lamiera. non mi pesano le attese che mi portano da te, ma indubbiamente mi lacera un certo movimento, la stasi che le tue sospensioni non volute mi propinano, ci propinano. mi sono affezionato alla nostra clandestinità e venerdì sarò ben più clandestino e sconosciuto del solito. è il gioco delle parti al quale dobbiamo partecipare, inevitabilmente. fai con calma che i Placebo mi cantano canzoni splendide, nella loro monotonia stilistica, vocale ed emotiva. emozionano anche se combattono battaglie per il sole, che oggi fatica a fare capolino dal cielo infreddolito, che sembra si sia ricoperto con un plaid di nuvole monocolore. e quando toglierà quella coperta, il sole offeso sarà già nascosto dietro le ombre delle montagne, convinto di non farsi vedere, come i bimbi quando nascondono il viso dietro la corteccia di un albero secolare e tutto il resto del corpo resta ben in vista.
ma amare è ance saper attendere le attese dell´altro, saper crescere, sapersi incorniciare senza troppe cornici, sapere dipingere sulla stessa tela e, contemporaneamente trattare e creare tele distinte. sto facendo un quadro nuovo di noi due. una forma informale per questa sera. ti prego di apprezzare lo sforzo. su un capo di artigianato ho letto "questo capo è interamente fatto a mano, le imperfezioni e i dettagli sono caratteristiche che lo rendono unico", per poter giustificare la non perfezione del vestito. ecco, io potrei scrivermi la stessa cosa sulla pelle. però sarei prezioso, seppur imperfetto. è la scritta amami sulla mano, col pennarello verde scuro.

martedì 16 giugno 2009

timori - primo

mio padre guida in modo nervoso. abbiamo poco tempo e scadenze da rispettare.
oggi non sono capace di intendere e volere, almeno non pienamente.
colluttazioni emotive mi hanno spiazzato e messo all´angolo del ring delle relazioni. e mi rendo conto che troppe volte color le cose di colori sbagliati solo per farmi accettare in modo più istantaneo. più facile, mi dici. amo il mondo ma non ho interesse a corteggiarlo. una frase che riecheggia come il pulsare dei beat delle discoteche o dei rave nelle case private. cascine perse nelle campagne toscane. strutture di vecchie coloniche coi pavimenti di fieno e odore di natura, selvatica.
non ho fatto altro che costruire basi sulle quali fondare qualcosa, qualcosa di vero o semplicemente sognante. con te non ho mentito. non ho meriti per i miei gesti in continua evoluzione, ma cerco di scoprire quello che mi circonda anche attraverso i tuoi occhi.
mentre un bambino biondo, avrà poco più di un anno, con una maglia azzurra di Snoopy, segue le sue geometrie motorie oblique. suo malgrado e per sua fortuna inciampa e colpisce il terreno con le mani aperte, quasi ad arrendersi. ma è solo un istante, esitazione, un´idea per poi rialzarsi e ripartire. come sto facendo io: cado, rifletto, mi alzo, riparto.
il bimbo gioca al massacro con la sua instabilità, si prende gioco dei suoi limiti, e si diverte, nonostante tutto. 
ho il peccato che caratterizza la mia età, ma non mi basta. voglio superarmi, migliorarmi, maturare senza fermarmi, tenendoti per mano. gli occhi color nocciola e curiosi del bambino mi osservano curiosi, dalla sua gabbia mobile che è un passeggino di ultima generazione, con tre ruote. e mi imbarazza la scena, mi intenerisce.
tutto sembra perdere di dimensione.
la posta alimenta i miei colpi di sonno dati da notti colorate di bianco e di amore, vissute come reali, meravigliose e che adesso temo diventeranno ricordi.
l´amore ha delle regole non scritte e un vocabolario tutto suo.
nel mio resistere al sonno mi aiuta mio padre, prode cavaliere errante ed errato.
H. P. A241. ed è il mio turno.
il bambino in gabbia saluta con la mano in miniatura il mio corpo monolitico che si staglia davanti alle sue noci, che sono pupille meravigliate.
un sms inatteso. un bacio virtuale e la speranza di poter tornare a respirare, a vivere, seppur a fatica.
vorrei portarti al mare per guardare insieme il moto assurdo e incompiuto delle maree.
vorrei sublimare tra le tue mani, con le dita intrecciate.
vieni da me, andiamo a guardare le città addormentarsi con noi.
un flash. la tua mano destra che diventa uno con la mia sinistra e si attaccano al soffitto della mia automobile. sembrano stelle dei nostri giochi amorosi, che ci guardano cadere negli orgasmi della pelle costellata di perle, di cuore.
sudore e umore. amore.
siamo altro.
altro da tutti.
non perdiamoci, che sarebbe l´unica bandiera bianca che non vorrei mai alzare.

famiglie interrotte

mia madre mi ha svegliato con gli occhi gonfi.
col trucco sfatto come quello delle donne di strada dopo una notte di lavoro.
come una maschera di un burlesque anni 30 dopo due ore di riflettori e spettacolo.
ha pianto. molto.
mi ha confidato che ha paura di vedermi solo.
della solitudine che va oltre la famiglia matrice di tutto.
le ho tenuto il capo, baciato la fronte. tremava.
l´ho accostata al mio petto e accolta tra le mie braccia.
sembravo monolitico nel mio parlare cadenzato e lento.
rassicurante. sono stato rassicurante con argomentazioni valide.
amare è vita. e io vivo. anche se nelle ombre impertinenti dei miei dubbi.
dei miei interlocutori distratti che sono i genitori.
le ho mostrato un quadro fatto qualche anno fa.
le sfumature lo compongono e fanno vedere ben oltre l´immagine palesata.
ecco, madre mia, sono così. le sfumature oltre l´evidenza.
e la tenerezza mi ha guardato attonito.
mi ha preso per mano ed era una bimba di otto anni.
brasiliana. a rischio. con una madre rovinata e un padre mai esistito.
- maestro facciamo che oggi sei il mio papà?
   perché non so davvero cosa si prova ad avere un padre.
- va bene, tesoro.
e capisci che il ruolo che hai va ben oltre gli schemi che il tuo contratto prevede.
mi sono preso cura di lei, come farei con una figlia.
le ho fatto sentire un rapporto unico e intenso.
raro, credo.
si è addormentata sul mio torace, lo stesso che ha accolto mia madre stanotte.
e ha sognato di luoghi meravigliosi e una triade famigliare mai avuta.
abbiamo fatto il bagno con la devozione che userebbe un padre con la figlia.
ho immaginato che lo fosse davvero.
le ho comprato il gelato tenendola per mano.
poi mi sono scucito di dosso il ruolo di padre temporaneo.
e un velo di malinconia mi ha pervaso all´istante.
le persone che ci hanno visto hanno creduto fossi il padre, davvero.
e questo mi ha reso immensamente felice.
lei ha sorriso e mi ha ringraziato.
ho ringraziato a mia volta.



case ecologiche

le utopie hanno scarpette rosse di lacca, ballerine magiche che percorrono vie impossibili e macinano chilometri delle nostre vite riducendo tutto a un piccolo puntino lontano.
senza fermarsi ci siamo confrontati e abbiamo disarmato le nostre sentinelle vestite di poliestere e amianto per arrivare a raccontarci storie d´amore e di vita. scorci di paure e gioie incredibili da cucire sulle calze dei nostri ricordi vissuti troppo intensamente per non essere presi in considerazione. e abbiamo difficoltà  di libera azione. mi hai detto che non abbiamo voglia di perdere tempo e che i fondamentali ci rendono unici, che abbiamo basi sulle quali poter costruire ottimi castelli.
i cartelli criminali che ruotano intorno a Pomigliano d´Arco gestiscono ingenti fette di mercato edilizio, le partite di calce e di cemento che smerciano fanno spavento. non voglio andare al porto di Napoli a chiedere materiali per i nostri palazzi surreali, ma voglio cose buone. materiali che siano collanti per le nostre scelte, per i nostri disagi da interrompere al più presto, coi dolori da alleviare e il balsamo che ci sappiamo spargere uniformemente sui nostri corpi nudi o vestiti a festa. concordo su tutto.
vieni qui, amoremio.
ho comprato dell´ottimo scotch biadesivo e la colla attack (con la quale ci siamo ricoperti le mani da piccoli, ma anche da grandi) per poter risanare e ristrutturare le detonazioni del tuo cuore dolorante. mi improvviso restauratore di beni culturali presso l´opificio delle pietre dure di Firenze, così sei più tranquilla durante il lavoro. vorrei abbattere le impalcature che ti hanno installato sul fronte debole del cuore in un eterno stand-by, tipico atteggiamento italiano. il proprietario della ditta appaltata dal comune ha preso i fondi europei per un lavoro che ha lasciato in sospeso da troppo tempo. e hai defezioni troppo importanti per lasciar correre tutto questo. che le fondamenta non reggono le scosse sismiche. mi offro come alternativa, come opportunità altra da sé, disposto a legare cardini in breve tempo ed avviare una serie di interventi per mettere tutto in sicurezza. che le finestre del tuo cuore vanno risanate, come quelle della mia scuola, e non è possibile pensare a un fattore di rischio diverso dallo zero. il valore delle tue gioie, come quello dei bimbi che abitano la mia scuola, è troppo importante per pensare a dei pericoli possibili, che possano lederli in qualche modo.
ti tendo la mano anche se ho braccia sottili con le vene in vista.
puoi chiedermi aiuto, nei limiti della mia banalità cercherò di dartelo.
dormo poco ma scrivo tanto.

lunedì 15 giugno 2009

troppe rotonde

hai perso qualche rotonda perchè sono troppe, oggettivamente.
il vestito bianco col maglione azzurro.
ricordo qualcosa di simile ritratto nei miei disegni quando ero bambino.
una donna col vestito bianco e un uomo con la camicia e i jeans.
e ora siamo noi.
te che mi aspetti all´ennesima rotonda e io che mi commuovo appena ti vedo.
non hai trucco, e sei bellissima.
le gambe che sanno di cloro e la schiena definita.
le mie mani che ti cercano e tremano.
le ali che non hanno paura di spiegarsi.
e sento ossigeno buono per i miei polmoni.
per i polmoni del mio cuore.

ricordi 2004

le gestazioni taciute dei tuoi orgasmi infelici non rendono onore nemmeno all´uomo che ami.
io non vengo mai, perciò fai veloce.
e mi parli di progetti per sole donne nominando così tante volte il cazzo che alla fine lo stavo per odiare. e l´ho odiato davvero. i giochi di potere legittimati dagli ordini invisibili sono davvero affascinanti. un cappello bianco sporco e un mantello che mi ricorda Harry Potter, che adoro, ed è evidente. un topolino cucito sulla tesa. un bordo in oro zecchino. un rituale da seguire.
il gelato che si lascia divorare senza badare al tempo e le parole che scorrono a profusione dalle labbra dipinte di caldo. fa caldo a Firenze, ma si sta bene. una panchina che in realtà è il bordo di una banca, col bancomat vicino e una che parla da sola mentre litiga con la sua carta di credito. difficoltà di compiere gesti semplici e conseguente follia. parole dette a casa. parole indipendenti. sembra di ricucire semplici rapporti di fiducia ed onestà, che di questi tempi non guasta. senza secondi fini. solo la pura conoscenza. io che suonavo come un cretino con la chitarra e la voce troppo immatura per rendere onore alle divinità del rock, ma piaceva lo stesso. era il 5 settembre 2004. sono passati quasi sei anni. e sembra una vita. guardo tutto come fossimo in vetrina ad osservare la gente passare. mi piace, non mi spaventa. e si palesa l´idea di conciliare il sonno alla nostra diffidenza per iniziare una nuova conoscenza.

preferisco il Rondò Veneziano alle ronde nere...

vedo le insegne illuminate a giorno che si stagliano sul buio del telo-cielo spento. risparmi energetici decisi dai nostri governanti nel nome di dio. una mezzaluna gigante, da sempre monumento di benvenuto per chi arriva in città, adesso è offuscata da una grossa M gialla, illuminata al neon.  mentre l´opera d´arte ha solo una schiera di piccoli e flebili faretti gialli che non hanno alcuna intenzione di renderle onore. non brilla, anzi, appare stanca e poco interessante, come una pellicola vista ormai mille volte che va in onda in terza serata su qualche rete minore. una luna di serie B e una M che sembra il gonfalone di questa città addobbata a lutto dal degrado, dalle fabbriche lasciate a marcire con loro stesse. con le strade costellate di cartelli scritti in cinese che esercitano slogan poco interessanti, a noi incomprensibili. sul muro della scuola dove lavoro ho trovato una scritta in arabo con sotto un recapito telefonico, vicino un altra in cinese seguita da un numero di cellulare, poi una frase scritta in italiano che inneggiava a una destra defunta (visto il simbolo che vi era accostato vicino, a firma, a logo) recitava: ordine e onore! mi chiedo se lasciare scritte indelebili sull´intonaco di un istituto di istruzione sia sintomo di ordine, ancor più di onore.

domenica 14 giugno 2009

la dietologa a scuola...

sono indignato. la dietologa a scuola ha detto che i bambini devono mangiare sano. che la frutta è un elemento importante per la loro dieta e che tutto il mangiare viene selezionato e accuratamente controllato. ho chiesto di McDonald, che è meta di rito per qualsiasi celebrazione dei piccoli che abitano la scuola e la città. con la Emme scritta in grande vicino all´uscita dell´autostrada. davanti al museo di arte moderna che a breve chiuderà per mancanza di fondi.
ecco, sono indignato perché la suddetta specialista asserisce che non fa male ai bimbi mangiare due/tre volte la settimana da McDonald.
mi blocco.
ho un corto circuito.
poi penso: di lavoro fa la dietista e cura disturbi alimentari.
se davvero i bambini mangiassero in modo sano non avrebbe più lavoro.
e ognuno continua a coltivare il proprio orto.


la mia città...

è un luogo pieno di contraddizioni.
un paese travestito da città.
sotto casa stanno smaltendo l´ennesima partita di droga. pura. raffinata.
a pochi chilometri da qui ci sono delle case costruite a metà degli anni 70.
con le mattonelline rosse. sembrano dei monoliti. periferia urbana.
hanno un aspetto gradevole semplicemente per dare più il senso umano a un modo di costruire a dir poco selvaggio. palazzi seriali che si stagliano uno vicino all´altro. sembrano prigionieri stipati in celle troppo piccole per contenerli tutti. mi ricordano quelle foto sbiadite dei deportati.
sotto quei palazzi rossi ci sono una serie infinita di tossicodipendenti che abitano i giardini. quelli sono i dipendenti poco interessanti. quelli che portano i soldi e fanno girare il mercato arrivano, parcheggiano ed entrano direttamente negli appartamenti. escono con grossi quantitativi di qualsiasi sostanza e la smerciano alle prostitute che seguono quotidianamente sulla tangenziale. presso le aree di servizio.
ho il malumore che si colloca nell´iride mentre guardo tutto questo. 
mi chiedo chi potrà fermarlo, dato che anche i politici sono acquirenti coscienti di tutto questo grande magazzino di droga e prostituzione.
continuo a combattere nel mio quotidiano insegnando ai bambini la possibilità di vivere e decidere per le proprie scelte. si dura fatica. ma si prosegue. che è la cosa più importante. e voglio continuare a crederci. abbasso le serrande dei miei occhi colmi di lacrime mentre il dente mi procura un dolore nauseante.
mi viene da vomitare.
la scuola è quasi finita.
e tutto quello che ho fatto, probabilmente, rischia di scemare nel quotidiano del nulla che impone la nostra società.

venerdì 30 gennaio 2009

Amnesty...

...un cero raccolto in un filo spinato...

dateci un occhio...cercate amnesty firenze e aderite.
magari aiuta a lenire il dolore, vostro e degli altri.


sabato 24 gennaio 2009

ascoltarmi...

ho un maispeis. perchè mi sembra necessario, dopo un po` di tempo, uscire allo scoperto. myspace.com/unincoerentecometanti 
le mie canzoni. il mio mondo.

...e compreremo ossigeno da spacciatori boliviani...

grazie andrea

alto più di due metri e con le mani immense. gli occhi sinceri. la voglia di scoprire nuove strade. la voglia di cambiare. sentire tutto vero, seppure surreale. le parole che scorrono. e il barone che diventa accogliente, le persone sincere. un bicchiere di vino che non ti aspettavi. fuori piove. ma qui il sole splende e mi corrode le ultime energie che ho messo da parte per potermi presentare al meglio, per parlare bene. invece le finisco nel traffico le energie e in quel non luogo resto solo con tutta la fatica del giorno e la voglia di fare. di camminare. di proseguire. come non mi sarei mai aspettato. una piacevole sorpresa, un bel mondo. la voglia di fare e fare bene. sembrano inezie certe cose, invece pesano come macigni. Munari e Scampia che non sono interferenze per le parole, ma collante per allargare il mare. un sms, una risposta in tempo reale. un metodo di lavoro che ci accomuna, crederci ed esserci. coi bambini, con me. e ti ringrazio, anche se non mi leggerai.

sonno - la fase rem

fare mezz ora di ritardo non sembra certamente il miglior biglietto da visita possibile. ma lasciamo perdere le occasioni mancate e quelle gettate nella spazzatura. alla fine sono io. ancora. il cielo di Firenze ha deciso di buttarmi addosso litri di pioggia, sul cappotto che era verde militare e diventa nero. i capelli, ribelli più del dovuto, si agitano e si inerpicano sotto il cappuccio. e diventano fiori sulle mie lame stanche. troppe automobili e troppo traffico. una macchina verde bottiglia piazzata in mezzo alla strada, uno spaventapasseri in un orto abbandonato alle sterpaglie, e una stella disegnata da un bambino, con un pennarello indelebile nero, grande quanto tutta la fiancata. distorta. trasuda sangue da qualche poro, la pelle della carrozzeria. un camion dei pompieri fa da diga alle informazioni, sipario di uno spettacolo vietato ai minori, svolto per strada. e mi chiedo che senso ha. dove si ferma l´uomo e inizia il delirio. vigili urbani con pettorine fosforescenti ci indicano di passare col semaforo rosso. e la telecamera riprende tutto, arriveranno multe e non le pagheremo, che soddisfazione! il reale che piega la legislazione, la macabra visione. tutto quello che accade. una cantina con le volte e i mattoni rossi a vista, tipicamente toscana, rustica. il profumo del Brunello, il colore rosso delle iniziative, delle parole. e non è il 68, nemmeno il duemila8, ma semplicemente la voglia di cambiare, la mia in primis. stacco qualche paura dai miei capelli, che sembravano trattenerle coi denti serrati, e aggiungo gocce di miele. la salivazione a desertificarmi le vene, il sangue impazzito che vuole farle esplodere, le corse e gli smarrimenti. dieci anni e una luce. non credo mi stia svegliando dal torpore piuttosto mi sembra che il sonno si faccia più pesante. la fase rem del sonno. i sogni che prendono forma. e allora non svegliatemi, che mi sono già rotto le palle di vedere tutto in modo chiaro. mi ricordo Roby quando mi diceva di non fargli le paranoie, con le braccia trasparenti e le vene viola, chiedeva solo di continuare il sonno che si era mestamente procurato. morfina, sudore, calore, colore, sapore. non esiste niente di quello che vivi. non ti interessa, vivilo. e si lasciava morire a poco a poco. per vie dorate e giornate consumate. e voi appannate i vetri con un soffio e scriveteci quello che vi pare, ma non mi rompete i coglioni. non adesso.

lunedì 19 gennaio 2009

spazio alla cultura

proprio oggi hanno sconnesso tutto quello che potevano recidere e distruggere della scuola elementare dove andavo da bambino. ci faranno un centro commerciale. un manifesto pubblicitario a pochi metri gridava "spazio alla cultura!". tra quelle macerie ho visto resti di banchi, sedie e armadietti di legno abitato da tarli acculturati. oggetti vari stile depositi comunali abitavano le stanze mai aperte al piano ultimo di una struttura tanto fatiscente quanto affascinante, per alcuni versi confortevole. tutto il delirio di legno ingiallito e ferro arrugginito dal tempo sembrava annaspare, come naufraghi, alla ricerca di ossigeno. in quel mare eterno che sembra il declino mi sono perso. ci ho lasciato per un attimo gli occhi, lo sguardo e i pensieri. solo una domanda percuoteva le mie meningi, "questo vuol dire spazio alla cultura?".

giovedì 15 gennaio 2009

pensavo

Consigli per favorire un´apparente giovinezza anche in tarda età.

"Non ridere,
  ti vengono le rughe."

febbre.

Ho rinchiuso le falene esasperate dei tuoi occhi nelle lattine accatastate dietro al canile comunale, coi rimasugli (o resti) fradici di bava e decomposizioni, ci faremo i segnaposti per il cenone di Natale. apparecchieremo con i teli di nailon e ci faremo luce con gli accendini abbandonati. ci riscalderemo solo col vino e ci scambieremo frasi scontate e già sentite. e ci sembrerà speciale riuscire a festeggiare, e ci sembrerà normale riuscire a non pensare. delle tue mani calde resterà solo il ricordo col freddo che si incastra in ogni poro della carne, con la febbre che ci scardina l´umore, col bruciore di stomaco per ore ed ore ed ore ed ore odore odore odore.
hai scarnificato a lungo le tue gambe. come tubi di flebo che perdono sangue.
nordisti a Lucca. nordisti a Lucca. nordisti a Lucca.

mercoledì 7 gennaio 2009

ossigeno...

o quel che resta. il freddo della mattina si attacca alla pelle, la consuma e cerca di arrivare alle vene, che emergono facilmente dagli avambracci sottili. apro i polmoni cercando di riempirli d´aria, dobbiamo stiparceli come le riserve di gas che rendono indipendente il nostro paese. siamo chiusi in scatole di plexiglass, non ci ascoltiamo. non ci riesce più. la sconfitta più grande sarà dover usare il depuratore e dover fare l´aggiornamento ai nostri sistemi nervosi, centrale e periferico, per eliminare i brutti ricordi, sperando che la connessione usb sia passata alla 3.0 così i nostri anni scorreranno ancora più veloci, come i sentimenti e le riflessioni.

il piano bar ai giardinetti - prima recensione

nel ringraziare chi ha scritto sul progetto, semplicemente leggendo la mail che gli era stata recapitata, mi fermo sulle parole per coglierne il significato. come del buon vino che viene tenuto in bocca, fatto scivolare tra i denti con la lingua avvolta, e mi emoziono. perchè è splendido vedere come vengono colte le sfumature da chi ascolta ed è abituato ad ascoltare. resto imbambolato e il soffitto fa da specchio al bianco che mi sento dentro. puro. di qualcosa fatta tutto da solo ed apprezzata.

stasera inoltre ho passato una serata con persone splendide. che probabilmente non merito nemmeno, in primis Ciccì, che potrebbe avere mani più calde e forti da stringere e braccia più grandi nelle quali rifugiarsi, invece che un animo inquieto e poco stabile, nevrotico e imbarazzante, nel suo "non sapersela giocare". ma va bene. se arriva un bel regalo mica lo rifiuti, magari ti senti poco degno, ma dopo te lo gusti, lo assapori. come faccio con lei.
buonanotte e grazie a coloro che si sono soffermati tra le mie pagine, i miei pensieri.

PS: per chi fosse interessato la recensione qui  si trova sul sito MIC.REC. al seguente indirizzo
http://www.micrec.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=96

lunedì 5 gennaio 2009

il piano bar ai giardinetti

Perchè da ogni momento di difficoltè deve nascere una reazione, dicono gli anziani del paesino. sconforto: ti muovi o muori. come a risiko. e anche se hai poche truppe rispetto all´avversario devi per forza attaccare che altrimenti lo fanno loro e sei nella merda due volte. mi sono chiuso in studio (se così si può chiamare una stanza con un registratore poco buono e una chitarra da rimettere in sesto) e ho buttato tutto quello che avevo dentro. tutta la merda che mi ristagnava nello stomaco come vermi e bachi da seta. già, bachi da seta. ho deciso di farmene una ragione. e ho cercato di far produrre ai bachi la seta, ma non quella raffinata, la peggio seta che potesse venirmi in mente. così è nato il piano bar ai giardinetti, 4 canzoni con altrettanti accordi nate, scritte, arrangiate e registrate in 48 ore. con tutta la crema dei cappuccini che resta attaccata alle tazzine dei bar, così si era incollato un certo amaro alle mie labbra e sotto le unghie. nemmeno fossi stato tutta la notte a raschiare il fondo delle mie bottiglie vuote e dei giorni persi ad aspettare una telefonata. persi...o forse solo impiegati.

venerdì 2 gennaio 2009

di attese dimenticate

aspetto che il rumore del telefono mi stordisca. un nome ricorrente che non appare sullo schermo e mi umilio nelle attese. ricerco gli stereotipi di quando ero bambino e stacco la carta-vetro dai muri delle mie speranze. colano sangue e sembrano ramificate sulle vene tumefatte le mie tristi aspettative. non esiste insistere ma nemmeno persistere nelle assenze, nelle presenze assenze. se la vita vuol dire togliersi pesi, togliamoceli e vaffanculo. non disprezzo chi fa male, ma chi finge di non farlo mentre affonda coltelli nella carne giovane. disprezzo me nelle mie incoerenze. disprezzo chi circuisce gli animi per poi giocarseli a carte in qualche scantinato fumoso e pieno di piscio nei sobborghi metropolitani di una città di provincia. una città di merda, oltretutto.
ma ci si abitua a tutto. anche alle follie mediatiche e alla dissenteria della cultura nostrana. l´italia è proprio un gran bel posto e io non me ne vado, ma resisto, o almeno ci provo.
la notte mi porterà consiglio, e se sarà quello giusto, domani mattina inizierò a dipingere le pareti di rosso scarlatto. che ultimamente fa tendenza, anche sul catalogo ikea.