venerdì 30 gennaio 2009

Amnesty...

...un cero raccolto in un filo spinato...

dateci un occhio...cercate amnesty firenze e aderite.
magari aiuta a lenire il dolore, vostro e degli altri.


sabato 24 gennaio 2009

ascoltarmi...

ho un maispeis. perchè mi sembra necessario, dopo un po` di tempo, uscire allo scoperto. myspace.com/unincoerentecometanti 
le mie canzoni. il mio mondo.

...e compreremo ossigeno da spacciatori boliviani...

grazie andrea

alto più di due metri e con le mani immense. gli occhi sinceri. la voglia di scoprire nuove strade. la voglia di cambiare. sentire tutto vero, seppure surreale. le parole che scorrono. e il barone che diventa accogliente, le persone sincere. un bicchiere di vino che non ti aspettavi. fuori piove. ma qui il sole splende e mi corrode le ultime energie che ho messo da parte per potermi presentare al meglio, per parlare bene. invece le finisco nel traffico le energie e in quel non luogo resto solo con tutta la fatica del giorno e la voglia di fare. di camminare. di proseguire. come non mi sarei mai aspettato. una piacevole sorpresa, un bel mondo. la voglia di fare e fare bene. sembrano inezie certe cose, invece pesano come macigni. Munari e Scampia che non sono interferenze per le parole, ma collante per allargare il mare. un sms, una risposta in tempo reale. un metodo di lavoro che ci accomuna, crederci ed esserci. coi bambini, con me. e ti ringrazio, anche se non mi leggerai.

sonno - la fase rem

fare mezz ora di ritardo non sembra certamente il miglior biglietto da visita possibile. ma lasciamo perdere le occasioni mancate e quelle gettate nella spazzatura. alla fine sono io. ancora. il cielo di Firenze ha deciso di buttarmi addosso litri di pioggia, sul cappotto che era verde militare e diventa nero. i capelli, ribelli più del dovuto, si agitano e si inerpicano sotto il cappuccio. e diventano fiori sulle mie lame stanche. troppe automobili e troppo traffico. una macchina verde bottiglia piazzata in mezzo alla strada, uno spaventapasseri in un orto abbandonato alle sterpaglie, e una stella disegnata da un bambino, con un pennarello indelebile nero, grande quanto tutta la fiancata. distorta. trasuda sangue da qualche poro, la pelle della carrozzeria. un camion dei pompieri fa da diga alle informazioni, sipario di uno spettacolo vietato ai minori, svolto per strada. e mi chiedo che senso ha. dove si ferma l´uomo e inizia il delirio. vigili urbani con pettorine fosforescenti ci indicano di passare col semaforo rosso. e la telecamera riprende tutto, arriveranno multe e non le pagheremo, che soddisfazione! il reale che piega la legislazione, la macabra visione. tutto quello che accade. una cantina con le volte e i mattoni rossi a vista, tipicamente toscana, rustica. il profumo del Brunello, il colore rosso delle iniziative, delle parole. e non è il 68, nemmeno il duemila8, ma semplicemente la voglia di cambiare, la mia in primis. stacco qualche paura dai miei capelli, che sembravano trattenerle coi denti serrati, e aggiungo gocce di miele. la salivazione a desertificarmi le vene, il sangue impazzito che vuole farle esplodere, le corse e gli smarrimenti. dieci anni e una luce. non credo mi stia svegliando dal torpore piuttosto mi sembra che il sonno si faccia più pesante. la fase rem del sonno. i sogni che prendono forma. e allora non svegliatemi, che mi sono già rotto le palle di vedere tutto in modo chiaro. mi ricordo Roby quando mi diceva di non fargli le paranoie, con le braccia trasparenti e le vene viola, chiedeva solo di continuare il sonno che si era mestamente procurato. morfina, sudore, calore, colore, sapore. non esiste niente di quello che vivi. non ti interessa, vivilo. e si lasciava morire a poco a poco. per vie dorate e giornate consumate. e voi appannate i vetri con un soffio e scriveteci quello che vi pare, ma non mi rompete i coglioni. non adesso.

lunedì 19 gennaio 2009

spazio alla cultura

proprio oggi hanno sconnesso tutto quello che potevano recidere e distruggere della scuola elementare dove andavo da bambino. ci faranno un centro commerciale. un manifesto pubblicitario a pochi metri gridava "spazio alla cultura!". tra quelle macerie ho visto resti di banchi, sedie e armadietti di legno abitato da tarli acculturati. oggetti vari stile depositi comunali abitavano le stanze mai aperte al piano ultimo di una struttura tanto fatiscente quanto affascinante, per alcuni versi confortevole. tutto il delirio di legno ingiallito e ferro arrugginito dal tempo sembrava annaspare, come naufraghi, alla ricerca di ossigeno. in quel mare eterno che sembra il declino mi sono perso. ci ho lasciato per un attimo gli occhi, lo sguardo e i pensieri. solo una domanda percuoteva le mie meningi, "questo vuol dire spazio alla cultura?".

giovedì 15 gennaio 2009

pensavo

Consigli per favorire un´apparente giovinezza anche in tarda età.

"Non ridere,
  ti vengono le rughe."

febbre.

Ho rinchiuso le falene esasperate dei tuoi occhi nelle lattine accatastate dietro al canile comunale, coi rimasugli (o resti) fradici di bava e decomposizioni, ci faremo i segnaposti per il cenone di Natale. apparecchieremo con i teli di nailon e ci faremo luce con gli accendini abbandonati. ci riscalderemo solo col vino e ci scambieremo frasi scontate e già sentite. e ci sembrerà speciale riuscire a festeggiare, e ci sembrerà normale riuscire a non pensare. delle tue mani calde resterà solo il ricordo col freddo che si incastra in ogni poro della carne, con la febbre che ci scardina l´umore, col bruciore di stomaco per ore ed ore ed ore ed ore odore odore odore.
hai scarnificato a lungo le tue gambe. come tubi di flebo che perdono sangue.
nordisti a Lucca. nordisti a Lucca. nordisti a Lucca.

mercoledì 7 gennaio 2009

ossigeno...

o quel che resta. il freddo della mattina si attacca alla pelle, la consuma e cerca di arrivare alle vene, che emergono facilmente dagli avambracci sottili. apro i polmoni cercando di riempirli d´aria, dobbiamo stiparceli come le riserve di gas che rendono indipendente il nostro paese. siamo chiusi in scatole di plexiglass, non ci ascoltiamo. non ci riesce più. la sconfitta più grande sarà dover usare il depuratore e dover fare l´aggiornamento ai nostri sistemi nervosi, centrale e periferico, per eliminare i brutti ricordi, sperando che la connessione usb sia passata alla 3.0 così i nostri anni scorreranno ancora più veloci, come i sentimenti e le riflessioni.

il piano bar ai giardinetti - prima recensione

nel ringraziare chi ha scritto sul progetto, semplicemente leggendo la mail che gli era stata recapitata, mi fermo sulle parole per coglierne il significato. come del buon vino che viene tenuto in bocca, fatto scivolare tra i denti con la lingua avvolta, e mi emoziono. perchè è splendido vedere come vengono colte le sfumature da chi ascolta ed è abituato ad ascoltare. resto imbambolato e il soffitto fa da specchio al bianco che mi sento dentro. puro. di qualcosa fatta tutto da solo ed apprezzata.

stasera inoltre ho passato una serata con persone splendide. che probabilmente non merito nemmeno, in primis Ciccì, che potrebbe avere mani più calde e forti da stringere e braccia più grandi nelle quali rifugiarsi, invece che un animo inquieto e poco stabile, nevrotico e imbarazzante, nel suo "non sapersela giocare". ma va bene. se arriva un bel regalo mica lo rifiuti, magari ti senti poco degno, ma dopo te lo gusti, lo assapori. come faccio con lei.
buonanotte e grazie a coloro che si sono soffermati tra le mie pagine, i miei pensieri.

PS: per chi fosse interessato la recensione qui  si trova sul sito MIC.REC. al seguente indirizzo
http://www.micrec.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=96

lunedì 5 gennaio 2009

il piano bar ai giardinetti

Perchè da ogni momento di difficoltè deve nascere una reazione, dicono gli anziani del paesino. sconforto: ti muovi o muori. come a risiko. e anche se hai poche truppe rispetto all´avversario devi per forza attaccare che altrimenti lo fanno loro e sei nella merda due volte. mi sono chiuso in studio (se così si può chiamare una stanza con un registratore poco buono e una chitarra da rimettere in sesto) e ho buttato tutto quello che avevo dentro. tutta la merda che mi ristagnava nello stomaco come vermi e bachi da seta. già, bachi da seta. ho deciso di farmene una ragione. e ho cercato di far produrre ai bachi la seta, ma non quella raffinata, la peggio seta che potesse venirmi in mente. così è nato il piano bar ai giardinetti, 4 canzoni con altrettanti accordi nate, scritte, arrangiate e registrate in 48 ore. con tutta la crema dei cappuccini che resta attaccata alle tazzine dei bar, così si era incollato un certo amaro alle mie labbra e sotto le unghie. nemmeno fossi stato tutta la notte a raschiare il fondo delle mie bottiglie vuote e dei giorni persi ad aspettare una telefonata. persi...o forse solo impiegati.

venerdì 2 gennaio 2009

di attese dimenticate

aspetto che il rumore del telefono mi stordisca. un nome ricorrente che non appare sullo schermo e mi umilio nelle attese. ricerco gli stereotipi di quando ero bambino e stacco la carta-vetro dai muri delle mie speranze. colano sangue e sembrano ramificate sulle vene tumefatte le mie tristi aspettative. non esiste insistere ma nemmeno persistere nelle assenze, nelle presenze assenze. se la vita vuol dire togliersi pesi, togliamoceli e vaffanculo. non disprezzo chi fa male, ma chi finge di non farlo mentre affonda coltelli nella carne giovane. disprezzo me nelle mie incoerenze. disprezzo chi circuisce gli animi per poi giocarseli a carte in qualche scantinato fumoso e pieno di piscio nei sobborghi metropolitani di una città di provincia. una città di merda, oltretutto.
ma ci si abitua a tutto. anche alle follie mediatiche e alla dissenteria della cultura nostrana. l´italia è proprio un gran bel posto e io non me ne vado, ma resisto, o almeno ci provo.
la notte mi porterà consiglio, e se sarà quello giusto, domani mattina inizierò a dipingere le pareti di rosso scarlatto. che ultimamente fa tendenza, anche sul catalogo ikea.