fare mezz ora di ritardo non sembra certamente il miglior biglietto da visita possibile. ma lasciamo perdere le occasioni mancate e quelle gettate nella spazzatura. alla fine sono io. ancora. il cielo di Firenze ha deciso di buttarmi addosso litri di pioggia, sul cappotto che era verde militare e diventa nero. i capelli, ribelli più del dovuto, si agitano e si inerpicano sotto il cappuccio. e diventano fiori sulle mie lame stanche. troppe automobili e troppo traffico. una macchina verde bottiglia piazzata in mezzo alla strada, uno spaventapasseri in un orto abbandonato alle sterpaglie, e una stella disegnata da un bambino, con un pennarello indelebile nero, grande quanto tutta la fiancata. distorta. trasuda sangue da qualche poro, la pelle della carrozzeria. un camion dei pompieri fa da diga alle informazioni, sipario di uno spettacolo vietato ai minori, svolto per strada. e mi chiedo che senso ha. dove si ferma l´uomo e inizia il delirio. vigili urbani con pettorine fosforescenti ci indicano di passare col semaforo rosso. e la telecamera riprende tutto, arriveranno multe e non le pagheremo, che soddisfazione! il reale che piega la legislazione, la macabra visione. tutto quello che accade. una cantina con le volte e i mattoni rossi a vista, tipicamente toscana, rustica. il profumo del Brunello, il colore rosso delle iniziative, delle parole. e non è il 68, nemmeno il duemila8, ma semplicemente la voglia di cambiare, la mia in primis. stacco qualche paura dai miei capelli, che sembravano trattenerle coi denti serrati, e aggiungo gocce di miele. la salivazione a desertificarmi le vene, il sangue impazzito che vuole farle esplodere, le corse e gli smarrimenti. dieci anni e una luce. non credo mi stia svegliando dal torpore piuttosto mi sembra che il sonno si faccia più pesante. la fase rem del sonno. i sogni che prendono forma. e allora non svegliatemi, che mi sono già rotto le palle di vedere tutto in modo chiaro. mi ricordo Roby quando mi diceva di non fargli le paranoie, con le braccia trasparenti e le vene viola, chiedeva solo di continuare il sonno che si era mestamente procurato. morfina, sudore, calore, colore, sapore. non esiste niente di quello che vivi. non ti interessa, vivilo. e si lasciava morire a poco a poco. per vie dorate e giornate consumate. e voi appannate i vetri con un soffio e scriveteci quello che vi pare, ma non mi rompete i coglioni. non adesso.