venerdì 19 giugno 2009

bye bye, man beloved by woman

vorrei condividere placente calde e confortanti
con le tue mani stanche per il corpo in tensione per troppo tempo
mi renderei conto che è arrivato il mese caldo
dopo nove mesi di attese
le gioie si attaccherebbero alle dita
con l´allacciamento alla vita
e le pupille incastrate nelle occhiaie scure
per la notte condivisa
per la notte bianca

scoppieremmo a ridere
che ci sentiremmo felici e unici
con un figlio da cullare
da onorare e respirare

scusami, si è aperto un cassetto che non dovevo aprire?
scusami tanto se puoi...ma a volte accade. e dopo averti parlato, avviene frequentemente...
un bacio che si lascia accarezzare dalle tue labbra
un altroo che sfiora il cuore


frammenti in rotonda

ho provato le distanze incolmabili che un silenzio lunare aveva posto a guardia delle nostre confidenze e del nostro viverci. mi spiazzano le scelte telefoniche e trovo triste un metodo di chiusura via sms, che certamente non ci appartiene. abbiamo parlato dopo aver sballato completamente gli orari di lavoro, gli impegni e le relazioni altre da noi. hai la pelle ricoperta di cloro con un abbronzatura assurda mentre mi scrivi. perché non mi chiedi  se sono abitudini che  mi appartengono? sono fermo sul cordolo di una rotonda immensa nella zona industriale di Firenze. dove l´arte lascia spazio a grosse strutture di cemento armato incompiute, con le gru a benedire gli alloggi a vista, come fossero tante caselle delle bacheche di legno della nostra infanzia. dove ci limitavamo a conservare le collezioni più o meno complete delle sorprese dell´ovino kinder. te le ricordi? abbiamo anagrafi diverse ma non per questo pulsazioni meno sincroniche dei coetanei. si intervallano come una giostra antica dei cavalli, le automobili lanciate in corse spericolate verso mete sconosciute e certamente molto affascinanti, data la frettolosità delle andature e la troppa distrazione che rischia di colpire la carrozzerie patinata di polvere della mia carrozza di lamiera. non mi pesano le attese che mi portano da te, ma indubbiamente mi lacera un certo movimento, la stasi che le tue sospensioni non volute mi propinano, ci propinano. mi sono affezionato alla nostra clandestinità e venerdì sarò ben più clandestino e sconosciuto del solito. è il gioco delle parti al quale dobbiamo partecipare, inevitabilmente. fai con calma che i Placebo mi cantano canzoni splendide, nella loro monotonia stilistica, vocale ed emotiva. emozionano anche se combattono battaglie per il sole, che oggi fatica a fare capolino dal cielo infreddolito, che sembra si sia ricoperto con un plaid di nuvole monocolore. e quando toglierà quella coperta, il sole offeso sarà già nascosto dietro le ombre delle montagne, convinto di non farsi vedere, come i bimbi quando nascondono il viso dietro la corteccia di un albero secolare e tutto il resto del corpo resta ben in vista.
ma amare è ance saper attendere le attese dell´altro, saper crescere, sapersi incorniciare senza troppe cornici, sapere dipingere sulla stessa tela e, contemporaneamente trattare e creare tele distinte. sto facendo un quadro nuovo di noi due. una forma informale per questa sera. ti prego di apprezzare lo sforzo. su un capo di artigianato ho letto "questo capo è interamente fatto a mano, le imperfezioni e i dettagli sono caratteristiche che lo rendono unico", per poter giustificare la non perfezione del vestito. ecco, io potrei scrivermi la stessa cosa sulla pelle. però sarei prezioso, seppur imperfetto. è la scritta amami sulla mano, col pennarello verde scuro.

martedì 16 giugno 2009

timori - primo

mio padre guida in modo nervoso. abbiamo poco tempo e scadenze da rispettare.
oggi non sono capace di intendere e volere, almeno non pienamente.
colluttazioni emotive mi hanno spiazzato e messo all´angolo del ring delle relazioni. e mi rendo conto che troppe volte color le cose di colori sbagliati solo per farmi accettare in modo più istantaneo. più facile, mi dici. amo il mondo ma non ho interesse a corteggiarlo. una frase che riecheggia come il pulsare dei beat delle discoteche o dei rave nelle case private. cascine perse nelle campagne toscane. strutture di vecchie coloniche coi pavimenti di fieno e odore di natura, selvatica.
non ho fatto altro che costruire basi sulle quali fondare qualcosa, qualcosa di vero o semplicemente sognante. con te non ho mentito. non ho meriti per i miei gesti in continua evoluzione, ma cerco di scoprire quello che mi circonda anche attraverso i tuoi occhi.
mentre un bambino biondo, avrà poco più di un anno, con una maglia azzurra di Snoopy, segue le sue geometrie motorie oblique. suo malgrado e per sua fortuna inciampa e colpisce il terreno con le mani aperte, quasi ad arrendersi. ma è solo un istante, esitazione, un´idea per poi rialzarsi e ripartire. come sto facendo io: cado, rifletto, mi alzo, riparto.
il bimbo gioca al massacro con la sua instabilità, si prende gioco dei suoi limiti, e si diverte, nonostante tutto. 
ho il peccato che caratterizza la mia età, ma non mi basta. voglio superarmi, migliorarmi, maturare senza fermarmi, tenendoti per mano. gli occhi color nocciola e curiosi del bambino mi osservano curiosi, dalla sua gabbia mobile che è un passeggino di ultima generazione, con tre ruote. e mi imbarazza la scena, mi intenerisce.
tutto sembra perdere di dimensione.
la posta alimenta i miei colpi di sonno dati da notti colorate di bianco e di amore, vissute come reali, meravigliose e che adesso temo diventeranno ricordi.
l´amore ha delle regole non scritte e un vocabolario tutto suo.
nel mio resistere al sonno mi aiuta mio padre, prode cavaliere errante ed errato.
H. P. A241. ed è il mio turno.
il bambino in gabbia saluta con la mano in miniatura il mio corpo monolitico che si staglia davanti alle sue noci, che sono pupille meravigliate.
un sms inatteso. un bacio virtuale e la speranza di poter tornare a respirare, a vivere, seppur a fatica.
vorrei portarti al mare per guardare insieme il moto assurdo e incompiuto delle maree.
vorrei sublimare tra le tue mani, con le dita intrecciate.
vieni da me, andiamo a guardare le città addormentarsi con noi.
un flash. la tua mano destra che diventa uno con la mia sinistra e si attaccano al soffitto della mia automobile. sembrano stelle dei nostri giochi amorosi, che ci guardano cadere negli orgasmi della pelle costellata di perle, di cuore.
sudore e umore. amore.
siamo altro.
altro da tutti.
non perdiamoci, che sarebbe l´unica bandiera bianca che non vorrei mai alzare.

famiglie interrotte

mia madre mi ha svegliato con gli occhi gonfi.
col trucco sfatto come quello delle donne di strada dopo una notte di lavoro.
come una maschera di un burlesque anni 30 dopo due ore di riflettori e spettacolo.
ha pianto. molto.
mi ha confidato che ha paura di vedermi solo.
della solitudine che va oltre la famiglia matrice di tutto.
le ho tenuto il capo, baciato la fronte. tremava.
l´ho accostata al mio petto e accolta tra le mie braccia.
sembravo monolitico nel mio parlare cadenzato e lento.
rassicurante. sono stato rassicurante con argomentazioni valide.
amare è vita. e io vivo. anche se nelle ombre impertinenti dei miei dubbi.
dei miei interlocutori distratti che sono i genitori.
le ho mostrato un quadro fatto qualche anno fa.
le sfumature lo compongono e fanno vedere ben oltre l´immagine palesata.
ecco, madre mia, sono così. le sfumature oltre l´evidenza.
e la tenerezza mi ha guardato attonito.
mi ha preso per mano ed era una bimba di otto anni.
brasiliana. a rischio. con una madre rovinata e un padre mai esistito.
- maestro facciamo che oggi sei il mio papà?
   perché non so davvero cosa si prova ad avere un padre.
- va bene, tesoro.
e capisci che il ruolo che hai va ben oltre gli schemi che il tuo contratto prevede.
mi sono preso cura di lei, come farei con una figlia.
le ho fatto sentire un rapporto unico e intenso.
raro, credo.
si è addormentata sul mio torace, lo stesso che ha accolto mia madre stanotte.
e ha sognato di luoghi meravigliosi e una triade famigliare mai avuta.
abbiamo fatto il bagno con la devozione che userebbe un padre con la figlia.
ho immaginato che lo fosse davvero.
le ho comprato il gelato tenendola per mano.
poi mi sono scucito di dosso il ruolo di padre temporaneo.
e un velo di malinconia mi ha pervaso all´istante.
le persone che ci hanno visto hanno creduto fossi il padre, davvero.
e questo mi ha reso immensamente felice.
lei ha sorriso e mi ha ringraziato.
ho ringraziato a mia volta.



case ecologiche

le utopie hanno scarpette rosse di lacca, ballerine magiche che percorrono vie impossibili e macinano chilometri delle nostre vite riducendo tutto a un piccolo puntino lontano.
senza fermarsi ci siamo confrontati e abbiamo disarmato le nostre sentinelle vestite di poliestere e amianto per arrivare a raccontarci storie d´amore e di vita. scorci di paure e gioie incredibili da cucire sulle calze dei nostri ricordi vissuti troppo intensamente per non essere presi in considerazione. e abbiamo difficoltà  di libera azione. mi hai detto che non abbiamo voglia di perdere tempo e che i fondamentali ci rendono unici, che abbiamo basi sulle quali poter costruire ottimi castelli.
i cartelli criminali che ruotano intorno a Pomigliano d´Arco gestiscono ingenti fette di mercato edilizio, le partite di calce e di cemento che smerciano fanno spavento. non voglio andare al porto di Napoli a chiedere materiali per i nostri palazzi surreali, ma voglio cose buone. materiali che siano collanti per le nostre scelte, per i nostri disagi da interrompere al più presto, coi dolori da alleviare e il balsamo che ci sappiamo spargere uniformemente sui nostri corpi nudi o vestiti a festa. concordo su tutto.
vieni qui, amoremio.
ho comprato dell´ottimo scotch biadesivo e la colla attack (con la quale ci siamo ricoperti le mani da piccoli, ma anche da grandi) per poter risanare e ristrutturare le detonazioni del tuo cuore dolorante. mi improvviso restauratore di beni culturali presso l´opificio delle pietre dure di Firenze, così sei più tranquilla durante il lavoro. vorrei abbattere le impalcature che ti hanno installato sul fronte debole del cuore in un eterno stand-by, tipico atteggiamento italiano. il proprietario della ditta appaltata dal comune ha preso i fondi europei per un lavoro che ha lasciato in sospeso da troppo tempo. e hai defezioni troppo importanti per lasciar correre tutto questo. che le fondamenta non reggono le scosse sismiche. mi offro come alternativa, come opportunità altra da sé, disposto a legare cardini in breve tempo ed avviare una serie di interventi per mettere tutto in sicurezza. che le finestre del tuo cuore vanno risanate, come quelle della mia scuola, e non è possibile pensare a un fattore di rischio diverso dallo zero. il valore delle tue gioie, come quello dei bimbi che abitano la mia scuola, è troppo importante per pensare a dei pericoli possibili, che possano lederli in qualche modo.
ti tendo la mano anche se ho braccia sottili con le vene in vista.
puoi chiedermi aiuto, nei limiti della mia banalità cercherò di dartelo.
dormo poco ma scrivo tanto.

lunedì 15 giugno 2009

troppe rotonde

hai perso qualche rotonda perchè sono troppe, oggettivamente.
il vestito bianco col maglione azzurro.
ricordo qualcosa di simile ritratto nei miei disegni quando ero bambino.
una donna col vestito bianco e un uomo con la camicia e i jeans.
e ora siamo noi.
te che mi aspetti all´ennesima rotonda e io che mi commuovo appena ti vedo.
non hai trucco, e sei bellissima.
le gambe che sanno di cloro e la schiena definita.
le mie mani che ti cercano e tremano.
le ali che non hanno paura di spiegarsi.
e sento ossigeno buono per i miei polmoni.
per i polmoni del mio cuore.

ricordi 2004

le gestazioni taciute dei tuoi orgasmi infelici non rendono onore nemmeno all´uomo che ami.
io non vengo mai, perciò fai veloce.
e mi parli di progetti per sole donne nominando così tante volte il cazzo che alla fine lo stavo per odiare. e l´ho odiato davvero. i giochi di potere legittimati dagli ordini invisibili sono davvero affascinanti. un cappello bianco sporco e un mantello che mi ricorda Harry Potter, che adoro, ed è evidente. un topolino cucito sulla tesa. un bordo in oro zecchino. un rituale da seguire.
il gelato che si lascia divorare senza badare al tempo e le parole che scorrono a profusione dalle labbra dipinte di caldo. fa caldo a Firenze, ma si sta bene. una panchina che in realtà è il bordo di una banca, col bancomat vicino e una che parla da sola mentre litiga con la sua carta di credito. difficoltà di compiere gesti semplici e conseguente follia. parole dette a casa. parole indipendenti. sembra di ricucire semplici rapporti di fiducia ed onestà, che di questi tempi non guasta. senza secondi fini. solo la pura conoscenza. io che suonavo come un cretino con la chitarra e la voce troppo immatura per rendere onore alle divinità del rock, ma piaceva lo stesso. era il 5 settembre 2004. sono passati quasi sei anni. e sembra una vita. guardo tutto come fossimo in vetrina ad osservare la gente passare. mi piace, non mi spaventa. e si palesa l´idea di conciliare il sonno alla nostra diffidenza per iniziare una nuova conoscenza.

preferisco il Rondò Veneziano alle ronde nere...

vedo le insegne illuminate a giorno che si stagliano sul buio del telo-cielo spento. risparmi energetici decisi dai nostri governanti nel nome di dio. una mezzaluna gigante, da sempre monumento di benvenuto per chi arriva in città, adesso è offuscata da una grossa M gialla, illuminata al neon.  mentre l´opera d´arte ha solo una schiera di piccoli e flebili faretti gialli che non hanno alcuna intenzione di renderle onore. non brilla, anzi, appare stanca e poco interessante, come una pellicola vista ormai mille volte che va in onda in terza serata su qualche rete minore. una luna di serie B e una M che sembra il gonfalone di questa città addobbata a lutto dal degrado, dalle fabbriche lasciate a marcire con loro stesse. con le strade costellate di cartelli scritti in cinese che esercitano slogan poco interessanti, a noi incomprensibili. sul muro della scuola dove lavoro ho trovato una scritta in arabo con sotto un recapito telefonico, vicino un altra in cinese seguita da un numero di cellulare, poi una frase scritta in italiano che inneggiava a una destra defunta (visto il simbolo che vi era accostato vicino, a firma, a logo) recitava: ordine e onore! mi chiedo se lasciare scritte indelebili sull´intonaco di un istituto di istruzione sia sintomo di ordine, ancor più di onore.

domenica 14 giugno 2009

la dietologa a scuola...

sono indignato. la dietologa a scuola ha detto che i bambini devono mangiare sano. che la frutta è un elemento importante per la loro dieta e che tutto il mangiare viene selezionato e accuratamente controllato. ho chiesto di McDonald, che è meta di rito per qualsiasi celebrazione dei piccoli che abitano la scuola e la città. con la Emme scritta in grande vicino all´uscita dell´autostrada. davanti al museo di arte moderna che a breve chiuderà per mancanza di fondi.
ecco, sono indignato perché la suddetta specialista asserisce che non fa male ai bimbi mangiare due/tre volte la settimana da McDonald.
mi blocco.
ho un corto circuito.
poi penso: di lavoro fa la dietista e cura disturbi alimentari.
se davvero i bambini mangiassero in modo sano non avrebbe più lavoro.
e ognuno continua a coltivare il proprio orto.


la mia città...

è un luogo pieno di contraddizioni.
un paese travestito da città.
sotto casa stanno smaltendo l´ennesima partita di droga. pura. raffinata.
a pochi chilometri da qui ci sono delle case costruite a metà degli anni 70.
con le mattonelline rosse. sembrano dei monoliti. periferia urbana.
hanno un aspetto gradevole semplicemente per dare più il senso umano a un modo di costruire a dir poco selvaggio. palazzi seriali che si stagliano uno vicino all´altro. sembrano prigionieri stipati in celle troppo piccole per contenerli tutti. mi ricordano quelle foto sbiadite dei deportati.
sotto quei palazzi rossi ci sono una serie infinita di tossicodipendenti che abitano i giardini. quelli sono i dipendenti poco interessanti. quelli che portano i soldi e fanno girare il mercato arrivano, parcheggiano ed entrano direttamente negli appartamenti. escono con grossi quantitativi di qualsiasi sostanza e la smerciano alle prostitute che seguono quotidianamente sulla tangenziale. presso le aree di servizio.
ho il malumore che si colloca nell´iride mentre guardo tutto questo. 
mi chiedo chi potrà fermarlo, dato che anche i politici sono acquirenti coscienti di tutto questo grande magazzino di droga e prostituzione.
continuo a combattere nel mio quotidiano insegnando ai bambini la possibilità di vivere e decidere per le proprie scelte. si dura fatica. ma si prosegue. che è la cosa più importante. e voglio continuare a crederci. abbasso le serrande dei miei occhi colmi di lacrime mentre il dente mi procura un dolore nauseante.
mi viene da vomitare.
la scuola è quasi finita.
e tutto quello che ho fatto, probabilmente, rischia di scemare nel quotidiano del nulla che impone la nostra società.